“Codardi”

 

Preoccupazione

Qualche tempo fa ho assistito a un fatto un po’ particolare, che mi ha sorpreso talmente tanto da aver dovuto aspettare un po’ di tempo per elaborarlo e poi scriverlo.

In un caldo pomeriggio di maggio mi sono recata in Posta con mio figlio. Sì, lo so, non è una grande idea portarsi un bimbo di due anni in Posta, ma lo vedo poco e quindi anche a costo di scoppiarci qualche ora in fila agli uffici postali noi dobbiamo stare vicini vicini. Mi sono portata l’Ipadde (come chiama Leo L’Ipad) biscotti, acqua, fazzoletti, insomma tutto il necessaire che di solito si usa per andar e in giro, io me lo sono portato in Posta. Ero pronta per la “guerra”.

In realtà c’erano tre persone. Mai successo.

Due di loro erano già appostati agli unici due sportelli aperti, solo due su cinque. Ma visto l’esiguo pubblico, andava bene.

Seduti in attesa c’eravamo io, Leolino e, due sedie più a destra, una signora vestita tutta di nero.

Non mi sono girata a guardarla, la scrutavo con la coda dell’occhio. Ho intuito che avesse  un foulard nero sul capo e, dalle mani bianche e nodose che stringevano forte il bastone che teneva fra le gambe, ho dedotto avesse non meno di 90 anni. Era immobile.

I due allo sportello erano una donna di un’età compresa tra i 30 e i 50 anni (da dietro non sono brava a capire l’età anagrafica, abbiate pazienza) e l’altro era un ragazzone, questo sì lo intuivo bene dai capelli a spazzola leggermente brillantinati, dalla pelle di braccia e gambe (aveva dei calzoncini al ginocchio) che era piena, tipicamente giovane, anche se la stazza prometteva una carriera brillante verso l’obesità, se il ragazzone non si fosse dato una regolata.

Andava tutto bene, la statua al mio fianco, la Signora in Nero, se ne stava immobile, i due impiegati svolgevano le loro mansioni (con molta, molta, molta calma) e i due utenti allo sportello se ne stavano in attesa.

Poi, a un tratto, l’addetta che stava servendo il ragazzone deve aver fatto qualcosa per cui quest’ultimo si è infuriato e ha cominciato a urlare: “Ma come? E’ già la terza volta che torno! Ma come si fa a lavorare così????”.

Io di riflesso ho abbracciato Leo, che aveva smesso di giocare per lo spavento. La voce del ragazzone era bella forte, sembrava una versione rimbombata di Antonino Canavacciuolo.

La statua di 90 anni rimaneva immobile. A un certo punto devo aver pensato che forse era una statua davvero, una specie in installazione pubblicitaria (di cosa esattamente non lo so, al massimo di una ditta di onoranze funebri per come era conciata). Nonostante l’evidente trambusto, non si muoveva.

Il ragazzone ha continuato a urlare, ha sbattuto una busta sul banco, mentre l’addetta lo guardava impietrita e provava, malamente, a scusarmi.

Il ragazzone ha preso la borsa che aveva ai suoi piedi, si è allontanato di qualche passo dallo sportello e poi ha urlato, direi a tutti e non solo all’addetta: “Questo è un paese di m…..vi meritate di morire qui, siete dei falliti. Ma io me ne vado, io me ne sto andando dall’Italia e spero di non tornarci più. Mi fate schifo”.

Poi, finito il teatro, se n’è andato quasi spaccando la doppia porta di sicurezza dell’ufficio postale.

E’ stato in quel momento che la Statua si è mossa.

Sempre tenendo abbracciato mio figlio (temevo si trasformasse in qualche mostro, ero convinta non fosse umana) la Signora in Nero si è girata nella direzione che aveva preso il ragazzone.

Ho visto il suo volto, che ha confermato l’età che avevo pensato. Un viso semplice, una pelle bianca, quasi trasparente, solcata da rughe che le incorniciavano tutto il viso.  Gli occhi erano neri, vivi, vivissimi. E in quel momento formavano due fessure.

Ha detto una sola parola, l’ha sussurata, ma io l’ho capita perfettamente, così come l’hanno udita anche gli altri presenti perché in quel momento non volava una mosca, pure Leolino se ne stava buono buono.

“Codardi”.

Ha detto proprio così. Codardi.

Poi, con una grazia e un’agilità che mai le avrei attribuito, si è issata sul suo bastone, ha preso la sua borsetta e si è diretta con passi decisi verso l’addetta che era stata poco prima quasi insultata dal Canavacciuolo del paese.

Io sono rimasta a bocca aperta, mentre mio figlio riprendeva a giocare tranquillamente con l’Ipadde come se non fosse successo nulla.

Nessuno ha commentato l’accaduto, tutti hanno ripreso a lavorare, ma la mia mente ovviamente ha cominciato a viaggiare alla velocità della luce.

Da una signora di una certa età mi sarei aspettata qualcosa tipo “Maleducato!”, “Come si Permette?” “Che insolente!” “Perdindirindina!” “Che vergogna!” e via di seguito…

Invece mi ha steso con quel “Codardi”.

Perché codardi? A che si riferiva?

Nel frattempo la signora dall’età imprecisa tra i 30 e i 50 anni aveva finito ed era arrivato il mio turno. Andai allo sportello e sbrigai le mie pratiche velocemente, dovevo solo ritirare una raccomandata. Leonardo (ogni tanto lo chiamo Leolino, lo so, a 18 anni smetto, promesso :-)) mi teneva la mano e se ne stava stranamente buono. La Signora in Nero era sempre allo sportello e aveva tirato fuori una pila di buste. Non so cosa stesse facendo. Chissà cosa c’era in quelle buste, forse soldi, forse i destini del mondo che solo lei conosceva?

Mi sembrava un oracolo, una sibilla. Aveva perso le sembianze della vecchietta con il bastone e ora mi pareva di avere vicino una presenza strana. O forse era solo una donna, con tanta esperienza, che ne aveva viste di tutti i colori, che forse aveva viaggiato, chi lo sa, forse era stata abbandonata.

Perché codardi? Avrei voluti rimanere lì, ad aspettare che finisse, per avvicinarla e chiederle il motivo di quell’affermazione. Ma non ne ebbi il tempo, erano quasi le 18 e avevo da fare mille altre cose. E poi Leolino stava cominciando a scuotermi la mano con un po’ troppa energia, la sua pazienza dei due anni era già arrivata al limite.

Sono quindi andata via con un punto interrogativo gigantesco in testa.

E ho provato allora a darmi una risposta da sola.

Codardo è chi fugge davanti alle responsabilità, chi scappa, chi non ha il coraggio di affrontare la realtà, chi si nasconde.

Ma può una persona che decide di lasciare il proprio paese essere definita codardo? Perché?

Semmai è una persona coraggiosa, che ha deciso di lasciare il proprio paese per tentare la fortuna altrove. L’ho fatto io, lo hanno fatto in molti, altri stanno progettando di farlo o sognano di farlo.

Siamo tutti codardi?

Non credo, anche se spesso mi sono chiesta pure io se questa incessante fuga di italiani all’estero non possa diventare, alla lunga, un ostacolo per lo sviluppo del nostro paese. Se i migliori vanno via, anzi no, non è giusto definirli i migliori, perché ci sono anche tanti migliori che restano, ma diciamo, se i giovani, che rappresentano il futuro di questo Paese, decidono di scappare, di tentare la fortuna altrove, a lungo andare chi rimarrà qui a lottare per il futuro di questo paese?

Non voglio aprire discussioni inutili e sterili, ognuno è libero di fare ciò che crede meglio per lui.

Partire e ricominciare, se questo è quello che si vuole, go for it! come si dice in inglese ( e che rende tanto meglio il concetto 🙂 ).

Anzi, direi che un’esperienza all’estero, come ho già detto altre volte, dovrebbe essere obbligatoria per tutti i giovani italiani, una sorta di Grand Tour settecentesco in chiave moderna.

Poi però, prima o poi, sarebbe bello, importante, auspicabile, che questi nostri ragazzi, questi tesori preziosi, tornassero a casa.

Questa è la mia idea, ed è anche la mia storia personale, lo sapete bene.

Forse la Signora in Nero aveva il mio stesso timore e la mia stessa idea: dove andate giovanotti? State qui, state in questo paese che sta andando allo sfascio perché voi, solo voi, lo potete salvare!

Forse con quella triste parola, Codardi, la mia sibilla intendeva proprio questo.

Ma non è facile tornare, molti non vogliono, altri non possono. E’ un gatto che si morde la coda: questo Paese non offre nulla ai giovani, è corrotto e sta andando a picco, ma i giovani, che tanto sta allontanando, solo forse gli unici che lo possono salvare.

Quindi, che facciamo?

Non lo so, ma vorrei tanto che chi è all’estero si fermasse un attimo a pensarci, vorrei che si facesse questa domanda: “Se avessi l’opportunità di tornare, tornerei?”

L’opportunità può presentarsi sotto tante forme: un nuovo lavoro, la mancanza di casa che fa troppo male, la disillusione provata nel paese ospite, un nuovo amore 🙂

Certo non sarà mai, o perlomeno non a breve, un cambio di rotta politico di questo paese. Non adesso, non può essere realistico e pure se oggi dovessero promettere o, voglio essere ottimista, approvare qualche legge per facilitare il rientro o la ricerca del lavoro, gli effetti si vedrebbero in qualche anno, non subito.

Non lo so, la butto lì come una delle tante provocazioni che ho già lanciato da questo blog, ma a me gira sempre in testa l’idea per cui se i giovani fossero tutti qui, i politici forse non potrebbero fare troppo i furbi e nel tempo, con il buon esempio e le buone pratiche che noi giovani possiamo fare per contrastare la mentalità vecchia, retrogada, corrotta e furba non solo di chi ci governa ma anche delle passate generazioni, forse noi potremmo fare la differenza.

In ogni caso, non ho più rivisto la Signora in Nero. E ora mi viene il dubbio che forse, presa dai miei pensieri di italiani all’estero e di questa povera Italia che merita di essere salvata, forse io quella Signora me la sono sognata. Ma non demordo e continuo a cercarla 🙂

 

La Maga

 

 

 

3 thoughts on ““Codardi”

  1. Ciao Angy …ogni cosa che scrivi mi rapisce sempre. …sei bravissima e condivido ciò che hai scritto .
    Saluti dalla tua amica Francesca Gristina

  2. Ciao Maga,
    so che anni fa avevano cercato di far tornare i cervelli emigrati con delle borse studio ad es. per ricercatori, conosco una genietta che ne ha usufruito e sta facendo ricerche sui tumori in Italia. Quindi qualcosa si fa.
    Io sono all estero da molto, troppo tempo, sono tornata a casa ma il mio partner lavora qui e per ora di comune accordo vogliamo finire questo percorso.

    Credo che solo il buon esempio possa servire sai, intendo quando torno in Italia cerco di fare e raccontare le cose belle che vedo fatte all estero. Sono cose che possiamo fare anche da noi, fermarsi con la macchina prima delle strisce per far passare i pedoni, cedere il biglietto del tram giornaliero che a noi non serve piu° a chi sta per salire, anche solo fare un saluto col sorriso.
    E° difficile, molto, specialmente quando dai ragione alla vecchietta che ti vede come un codardo ma tu non lo sei.

    Ultimamente ho comprato un libro di Murgia e la dedica dell autore ora come ora mi sta a pennello

    A tutti quelli per cui andarsene era l unico modo serio di restare

    Ma sono sicura che prima tutto deve cambiare nella nostra testa, prima di cambiarlo fuori, e col nostro esempio quotidiano possiamo farlo.

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