La banalità del bene
Il bene può essere banale? Direi di no. O forse sì? Forse, quando si esagera con il voler vedere per forza tutto positivo, sempre e comunque, alla fine si banalizza quello che in realtà dovrebbe essere un concetto, un punto di arrivo, un atteggiamento che si raggiunge con sforzo, dedizione, accettando sconfitte, cadute, perdite, fallimenti. Perché solo dal buio si può rinascere e apprezzare la luce.
Vivere costantemente nella luce non è possibile. E chi si sforza di farlo, alla fine darà la luce per scontata.
Siamo arrivati ad un momento storico in cui tutto è bene, tutto è bello, be positive, good vibes always.
Viviamo una Società in cui essere tristi, depressi, giù di corda, è un comportamento stigmatizzabile.
E pensare che il detto KEEP CALM AND GO ON fu coniato dal governo britannico durante la seconda guerra mondiale per tirare su il morale dei cittadini. Beh, direi che avesse un senso.
Pensare che questo motto oggi ce lo ritroviamo su tazze, cartelloni, meme social, messaggi pubblicitari, magliette e persino tatuaggi (sì qualcuno ha il coraggio di tatuarselo) e lo leggiamo rivisitato, riadattato e in, fondo, banalizzato, solo per risollevare una giornata iniziata male, fa francamente ridere.
Un conto è credere che le cose andranno bene, mentre si vive una guerra.
Altro conto è sperare che vada sempre tutto bene, vivendo nella prosperità e nella tranquillità perché qualsiasi senso di frustrazione, oggi, deve essere bandito.
Non possiamo permetterci di essere depressi. La depressione è la malattia del secolo, nonostante il mondo patinato là fuori faccia di tutto per farci credere che basta “keep calm and go on” per risolvere tutto. Basta credere in sé stessi, essere positivi, sorridere alla vita. E andrà tutto bene.
Siamo sommersi di foto e “stories” di gente contenta, bellissima, sempre sorridente, di successo. A vedere i principali social network pare che viviamo nel mondo dei sogni. Siamo sommersi di coach, motivatori, guru e migliaia di libri (alcuni li ho letti anche io, lo confesso, e non ne ho terminato nemmeno uno) che ci raccontano la favola per cui basta crederci, essere positivi, per fare in modo che la vita ci sorrida.
Beh vi do una brutta notizia. Non funziona così.
Non sono un guru e, tranquilli, non ci scrivo sopra un libro. Basta questo post.
Sia chiaro: la famosa Legge dell’Attrazione, per la quale se sei grato e riconoscente per quello che hai e affronti la vita con positività, è vera. Funziona. L’ho sperimentata personalmente.
Ma non si può vivere perennemente felici o perennemente in lotta contro i momenti di infelicità.
Cavolo, oggi sono infelice, no no no devo fare qualcosa per tirarmi su, dai che la vita è bella, dai tirati su, tirati su!
E invece no. Vorrei stare giù. Alle volte ho bisogno di stare giù. Alle volte la tristezza è l’emozione giusta per risolvere la giornata, altro che Keep Calm.
I momenti di vera felicità e assoluta consapevolezza su me stessa li ho vissuti dopo aver passato momenti bui.
Di quel buio fitto fitto, in fondo al pozzo dell’anima, da sola, in silenzio. A sbattere la testa contro i muri del pozzo, a urlare e piangere. Energia che passa attraverso di me e da me esce, per lasciare una sensazione di vuoto da colmare con nuova energia vitale. Dopo momenti così, sto bene. Mi arrampico lungo le pareti del pozzo, ed esco fuori nella luce, che finalmente posso assaporare. E apprezzare.
Guai se non esistesse il mio pozzo. Eppure viviamo in un momento in cui è meglio chiudere tutti i pozzi, vergognarsi delle proprie insicurezze, stare costantemente sopra il coperchio del pozzo, ben chiuso, a mostrare al mondo che siamo forti.
Mentre dentro muoriamo dalla voglia di aprire quel benedetto coperchio e finire in fondo al pozzo. Perché abbiamo bisogno di ritrovarci, perché il senso della luce si è perso, perché non riusciamo più a vederla e a goderne. E invece no, la forza di saltare giù l’abbiamo persa.
Ha sempre funzionato così con me. Stavo male, mi chiudevo nel mio pozzo ad affrontare il malessere e poi ne uscivo in forma. Più forte e consapevole.
Ma ultimamente, quando mi sento giù di corda, preferisco chiudermi in bagno, bagnarmi la faccia e aspettare che passi. Non vado più in fondo al pozzo, mi limito a chiudere gli occhi, respirare e provare a cancellare il pensiero che mi affligge. Non lo affronto, lo nascondo. Perché questa sensazione di dover per forza essere felici ha intaccato anche me.
E così, a furia di nascondere il malessere, finisco per banalizzare il bene, non lo riconosco più. Perché quando esco da quel bagno, dopo essermi semplicemente sciacquata il brutto pensiero dalla faccia, senza affrontarlo veramente, non riesco ad apprezzare il bene che mi circonda. Lo vedo, lo tengo lì, lo do per scontato, non lo apprezzo. Metto su la mia faccia migliore, ostento sorrisi, banalizzo il bene e la felicità, per tirare avanti.
La tristezza, la paura, il disgusto la rabbia…sono tutte emozioni umane e soprattutto fondamentali. Non bisogna vergognarsi di provarle.
La tristezza segnala al mondo che abbiamo bisogno di attenzioni
La paura ci salva
Il disgusto ci fa vivere meglio determinate situazioni, evitando cose che ci mettono a disagio
La rabbia sottolinea il nostro essere pensante e il nostro senso di giustizia
Vivere queste emozioni è fondamentale. Bisogna solo preoccuparsi quando un’emozione prevale sulle altre: essere costantemente arrabbiati o tristi non fa bene. Come non fa bene, ed è anche innaturale, essere costantemente felici. Non è possibile.
Non è possibile essere felici perché la felicità (vera, sincera) arriva dopo il buio, la tristezza, la paura. È una conseguenza di una situazione negativa o comunque difficile. Per questo, non si può essere costantemente felici.
Vivete intensamente tutte le vostre emozioni. E quando vi sentite giù, aprire il pozzo, accovacciatevi sul fondo, respirate a fondo, liberate l’energia che vi porta malessere e, se necessario, chiedete aiuto. Non rimanete soli in questa lotta naturale tra le emozioni che è assolutamente necessaria.
Affrontando le nostre debolezze, paure e insicurezze troviamo la felicità. Le une sono necessarie per trovare l’altra.
Do not keep calm. Just sit down, relax, think about it. Than think about it again. And then, go on.
È normale che abbiamo alti e bassi, sarebbe non normale il contrario!
Vasco cantava: -“oggi voglio stare spento..” e io spesso lo sono. È il corrispettivo del pozzo; è normale e come persone a volte ne abbiamo proprio bisogno!
Non preoccuparti, va tutto bene anche se a volte hai bisogno di stare un po’ sola con te stessa.
Si sì lo so, nel post intendo dire che la società di oggi tende a stigmatizzare “il volere stare spenti” e ci vuole tutti allegri e sorridenti sempre.
Infatti, rifuggi le “regole” imposte dalla società quando queste non hanno senso; ho capito il tuo discorso e volevo solo far sapere che non sei l’unica.. ce ne sono un sacco come noi! Bisognerebbe solo che anche loro trovassero la forza di “uscire dal gregge” e vivere la propria vita in modo naturale, senza sentirsi obbligati a far sempre “buon viso a cattivo gioco”.
Quindi non sono il solo a percepire questo continuo senso di inadeguatezza ampliato a dismisura dalla “fenomenologia di Instagram”?
Siamo in tanti a percepirlo credo 🙂