Non sono una mamma perfetta

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Da qualche mese, anzi forse di più…forse da quando è nato Leonardo non ho smesso un attimo di osservare cosa facessero le altre mamme, per capire cosa dovevo fare io (si impara da chi ha più esperienza no? :-)) ma soprattutto per capire se quello che facevo avesse senso.

La prima volta che ho capito di non essere una madre perfetta ma anzi di essere milioni di anni luce da questo obbiettivo è stato praticamente fin dal primo giorno, quando ho cercato con insistenza di far dormire Leo da solo. Perché i manuali e le mamme perfette ti dicono che bisogna fare così, guai a farlo dormire nel lettone, madre sciagurata che poi si abitua…nel mio cervellino dopo questa frase arrivava il tranchant “E quindi? Che cosa pensi possa succedere?” che già allora avrebbe dovuto farmi capire che mi stavo affliggendo per nulla, ma io, volenterosa neomamma che si era studiata tutti i manuali arrivando pure a leggere “Fate i Bravi” di Tata Lucia (per dirvi come ero messa) sono andata avanti lo stesso a fustigarmi…

Nei primi mesi, dopo fallimentari tentativi in cui ho perso il sonno e la ragione, con Leo che faceva fatica a riaddormentarsi e si svegliava ogni ora e mezza per la poppata e Andrea che lo faceva riaddormentare facendogli sentire i Pink Floyd (quello si che funzionava, altro che metodo Etivill o Estivez o come funcia si chiama quel tizio che quel giorno invece che scrivere mostruosità che avrebbero minato la sicurezza di tanti genitori sarebbe dovuto andare a giocare a Golf!!), dicevo nei primi mesi, esausti io e Andrea, lo abbiamo fatto dormire con noi.

E dopo questa affermazione, sento già le bombe che piovono sulla mia testa dall’esercito delle mamme perfette guidato da Tata Lucia…

Dopo qualche mese, ho tentato con il mostruoso metodo “Fai la nanna” perché tante mamme perfette lo avevano fatto e ci erano riuscite e te lo dicevano pure con quell’aria da maestre supreme: “E’ facile sai? Sei tu a dominare la situazione, vedrai che nel giro di qualche giorno dormirà da solo e la smetterà di frignare. Ma ci vuole pazienza eh e sangue freddo!”. Come no!!! Leo aveva sei mesi e non è servito a nulla, perché Leo continuava a piangere come se non ci fosse un domani e a nulla servivano i miei timidi tentativi di mettergli la manina sulla fronte o sussurrargli dolci parole per calmarlo o altre belinate propinate da Estevil sal cass o come si chiama.

Il fatto di metterlo nel lettone è stato vissuto da me come un’atrocità, un fallimento personale. Andrea invece non vedeva l’ora di tenersi quel fagotto nel letto: “Lo vedo troppo poco, almeno me lo coccolo un po’” mi diceva per farmi sciogliere in lacrime, minare qualsiasi tentativo di metterlo nel lettino e lasciargli il pargolo tra le sue braccia. Anche lui aveva le sue ragioni.

Ma non mi sono arresa. Tra i 6 e i 10 mesi Leo ha fatto la spola tra lettino e lettone: le prime ore (due) nel primo e le restanti (otto) nel lettone. Poi a 10 mesi mi sono detta che era ora di farlo dormire da solo, non perché me lo diceva Tata Lucia ma per buon senso: io non riuscivo a dormire bene e la mancanza di sonno influiva sulla mia vita, soprattutto sul lavoro. Per cui, dopo vari tentativi in cui lo mettevo a dormire dandogli la mano e lui me la massacrava per 20 minuti (anche 40 nei giorni “migliori”) si addormentava da solo. Piano piano non c’è più stato bisogno della manina e ora si addormenta appena lo metto nel lettino.

Tiè Tata Lucia e Tiè Tiè Estivil sal cass e mamme perfette!

Dopo la nanna, è arrivato il periodo della pappa, periodo che dura ancora, perché Leo di mangiare non ne vuole sapere. O meglio, con i nonni si mangia dall’antipasto all’ammazzacaffè, con i genitori pilucca due ravioli e al massimo ci concede la grazia di mangiare una banana e una mela.

Io vivo il fallimento ogni sera,mentre  Andrea, quale uomo e quindi essere semplice, pragmatico, funzionale e razionale, liquida il tutto con “Quando avrà fame, mangerà”.

Io credo che non mangi non per mancanza di fame, ma per dirci qualcosa. E così inizio a rimuginare….

Ed ecco qui che arriva il pensiero- carogna che mi ricorda i miei limiti: “Non sei una buona madre, stai mancando in qualcosa, per questo il bambino fa così”. Alèèèèè, cena di traverso, metto il muso, non lavo i piatti per protesta e faccio l’offesa con mio figlio (che ha due anni e mezzo) e Andrea (che non c’entra nulla e non manca di rimarcarmelo: “Fai l’offesa con me? Ma sei normale?).

Il copione si ripete spesso, salvo quando Leo ci fa la grazia di mangiarsi tutto, il che accade poche volte ma almeno mi fa tirare il fiato..

Un altro mio grosso limite poi sono le abilità culinarie: per mancanza di tempo e, devo dirla tutta, voglia, cucino piatti semplici e ripetitivi, cosa che mi fa scendere drammaticamente agli ultimi posti nella classifica delle mamme perfette, le quali si spendono ogni sera nella creazione di manicaretti manco fosse un cenone di Capodanno, passano le domeniche a cuocere minestroni e preparare sughi freschi per la settimana (l’ho fatto una volta, poi la seconda volta mi sono chiesta se fosse il caso di passare il mio poco tempo libero cucinando e ho concluso con un enorme vaffanculo al frigo, ho preso Leo e Andrea e siamo andati al parco) si inventano idee per far mangiare le verdure come gli spaghetti fatti con le striscioline di carota (ho provato a darli a Leo, li ha fatti volare dall’altra parte del tavolo in tempo zero e non mi ha insultato perché non è ancora capace di farlo…) e tante altre bontà da farmi sentire davvero un’ebete e spingermi a comprare un volume di ricette per bambini. Sapete dov’è finito il libro? Io no.

In ogni caso e nonostante questa mamma goffa, Leonardo è un bimbo meraviglioso, è vivacissimo, sveglio, parla tanto. Si capisce che ci adora e gli manchiamo da morire, io e il suo papà. Non ci vuole Freud e tantomeno Tata Lucia per capirlo..

Il problema sono io, o meglio quello che io vorrei fare idealmente come madre e quello che invece faccio.

Spesso arrivo a casa stanca e a stento gioco con lui, mi metto subito a cucinare (il minimo, come detto, ma mi porta via comunque tempo!!) e sistemare, lui mi gira intorno come un avvoltoio la cui preda sono le coccole e le attenzioni della mamma. Quando posso gioco con lui ma mi rendo conto di non avere un grande entusiasmo o una grande energia. Se siamo fuori è diverso, andiamo al parco e pure io mi diverto. Ma nella vita quotidiana, dal tragico lunedì in cui sono tutto sommato abbastanza fresca  al desiderato venerdì in cui mi pregusto il fine settimana ma arrivo a casa stremata, le attenzioni che gli dedico sono poche. E non si può sempre recuperare nel week end, non sempre ci riesco.

Quando è con i nonni gioca continuamente: benché abbiano 20 anni in più di me, questi nonni sono pieni di energie e si spendono per lui in tutti i modi. Dove la trovano tanta energia? Io non ci riesco.

Ho pensato anche a lasciare il lavoro o chiedere una riduzione di orario, ma a cosa servirebbe? E’ davvero il tempo il problema? Io credo di no. Come credo non sia giusto per una madre rinunciare ai propri sogni e ambizioni per crescere i figli. O sentirsi in colpa perché vuole provare a realizzarsi, senza però rinunciare a essere madre. Il punto è un po’ questo, credo: al di là degli ostacoloni che ci pone la società a noi mamme lavoratrici, forse siamo pure un po’ noi a lottare tra il desiderio di dedicare tempo a un lavoro che ci piace e l’idea di sottrarre questo tempo alla cura dei nostri bambini.

Io sono dell’avviso che si possono conciliare entrambe le cose, basta avere energia e grande volontà. I bambini lo sentono quando sono amati, non importa se stai con loro due ore o 20 ore al giorno. Loro lo sanno, loro capiscono. Capiscono molto più di noi genitori che ci arrovelliamo nei sensi di colpa. E pretendono, certo che pretendono.

Ma non si arrabbiano se stiamo via tutto il giorno per lavorare, loro lo sanno che stiamo facendo qualcosa di importante e, credetemi, lo sanno anche a due anni  e mezzo. Quando chiedo a Leo se sa dove andiamo tutte le mattine, mi risponde: “A prendere i soldini per comprare il pane”. Direi che non fa una piega, poi Leo adora il pane, quindi non vede l’ora che portiamo tanti soldini per comprare tanto pane! 🙂

Quello che non ci perdona il nostro Leolino è che, una volta finita la missione de soldini, quando si torna a casa, non gli dedichiamo abbastanza tempo.

L’altro giorno eravamo in un negozio, tenevo per mano Leo e mi è arrivato un messaggio sul telefonino: l’ho preso dalla tasca e ho iniziato a leggere il messaggio mentre contemporaneamente mio figlio mi strattonava per richiamare la mia attenzione. Era un messaggio di lavoro e volevo capire di che si trattasse.

A un certo punto Leo ha smesso di strattonarmi, si è messo alla mia destra e, avendo il telefonino alla sua portata perché lo tenevo in basso, me lo ha strappato dalle mani. Poi me lo ha messo nella tasca, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto “Batta telefono”.

Non ho battuto ciglio, non ci ho nemmeno provato a riprendere il telefonino. Da quel momento mi sono dedicata anima e corpo alla missione che mio figlio mi voleva affibbiare con gli strattoni di prima: portarlo allo scivolo dell’area giochi del centro commerciale. Sìssignore, agli ordini!

Io non so  come fanno le mamme perfette, quelle con i bambini che dormono sempre e mangiano tutto e a cui dedicano tutto il tempo libero cariche di energie come una centrale nucleare. Invidio la loro forza, io non sono così.

Combino guai tutti i giorni, me la prendo se non mangia, mi ritrovo a pensare al lavoro quando invece sono a casa e dovrei staccare del tutto, mi ritrovo esausta quando mi metto a giocare con lui o quando mi chiede di leggergli una favola prima della nanna e io non ne ho le forze.

Lui mi chiede, anzi ci chiede, solo di passare un buon tempo, un tempo di qualità insieme. E’ un’ora al giorno? Non importa, ma quell’ora deve essere speciale. Il tempo per me stessa è prima, a lavoro. E il tempo libero per me stessa è qualcosa che al momento deve essere messo in stand by o rimandato alle 21:30, dopo che Leo è andato a nanna.

Queste, in tutta la marea di manuali e regole assurde che mi sono propinata in questi anni, sono le uniche regole che hanno senso e che vanno rigidamente rispettate. E’ un tempo per noi tre, un tempo che ci fa bene. Questo è il mio unico buon proposito per il 2017, l’unico che abbia senso.

Il resto dei difetti non lo posso cancellare, ma ci posso lavorare. Non sarò mai una mamma perfetta e non voglio esserlo, perché credo che in fondo io a Leo vado bene così. 🙂

E mentre vi scrivo, Leonardo sta dormendo. Nel lettone, con suo padre.

Buon anno! 🙂

2 thoughts on “Non sono una mamma perfetta

  1. Ciao Angy,
    io con Asia, dal primo giorno al ritorno dall’ospedale l’ho fatta dormire nella sua cameretta nel lettino
    da sola, quindi mi alzavo solo poche volte se si svegliava magari per le colichette.
    Purtroppo (o per fortuna :D) intorno all’anno e mezzo per l’uscita di un dentino che le faceva tanto male, Asia si mise a piangere disperata e non sembrava smettere. In quel periodo ero stata malata quindi ero debole e stanca, così la misi nel lettone con noi senza pensarci due volte.
    Da quella volta non riuscii più a farla dormire nel lettino da sola…..diciamo che i primi tempi mi sentivo in colpa, ma se ci penso adesso, non vedo l’ora che sia sera per andare a nanna tutti assieme ed abbracciarci forte.

    Tanti, tantissimi auguroni di buon 2017 a te e famiglia
    bacioni,
    Francesca!

  2. Ciao Maga di Oz come stai?

    come va col bimbo?

    qualche volta mi e capitato di leggere i tuoi scritti.

    E volevo sapere se riesci a dedicarmi un po di tempo.

    Ho vissuto due anni in autralia ora sono a londra per cercare di prendere tutto cio che mi serve per tornare a cercare lo sponsor conuno student visa.

    Ma c e confusione non capisco bene come il tutto funzioni STUDENT – SPONSOR I mean.

    Hai qualche link da darmi verso cui indirizzarmi?

    grazie mille!!!!

    ti auguro buona serata !!!

    Sally

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